Traversate |
Rifugio Forni. Ci si dirige, sulla carrareccia che porta verso la Val da Dóségù, al vecchio Rifugio Gavia. Poco prima di raggiungerlo si stacca, sulla sinistra, una mulattiera che si abbassa dolcemente sul pianeggiante Plàn Bórmìn prima di raggiungere, con più decisa discesa, il naturale passaggio dei Pónt da Préda e superare, quindi, il Rin da Dóségù. Il sentiero prosegue a mezza costa e, con leggeri saliscendi, supera alcuni valloncelli copiosi di acqua oltrepassando cengioni modellati dal giacialismo quaternario, detti localmente li corona, che danno il nome al sentiero stesso in questo tratto ed al ricovero per i pastori che si incontra poco dopo, il Baitin da li Córóna (m 2445 - Baita dei Pastori, IGM). Lasciando sulla destra il vecchio tracciato che porta ai ruderi della Capanna Bernasconi, si prosegue sino ad un altro bivio: sulla sinistra scende, lungo il Dòs Bolón, la vecchia mulattiera dei mercanti veneziani, sulla destra invece il sentiero continua, verso nord, sempre a mezza costa e porta all'Alpe Treséro, di proprietà del Comune di Valfurva. Da qui risale i pascoli dei Plàn da li Marmòta e porta in breve sul panoramicissimo Dosso Treséro dove, a poca distanza da un ripetitore, è sito uno dei piccoli rifugetti di servizio delle Guardie del Parco Nazionale dello Stelvio, sempre chiuso. Lo sguardo si apre, ora, sulla valle dei Forni e, lasciato sulla sinistra il famoso sentiero della Romantica che si abbassa rapidamente a raggiungere S. Caterina, si prosegue senza perdere quota sui sentiero che ci porterà a destinazione, e che ora viene chiamato Tröi da Tréséir. Superato un ampio avvallamento ed oltrepassato il Rin da Ciósc, erroneamente chiamato Ciose sulle cartine, si raggiungono i pascoli di Ceréna, in primavera battuti da paurose valanghe che rimangono, generalmente, fino a tarda estate. Si continua sempre in direzione nord-est e passato l'impetuoso Rin Rabiós, con severe vedute sui sovrastanti seracchi pensili aggettanti dai versanti nord del Treséro, si attraversa il desolato Dòs di Làrasc. Guadagnato un piccolo ponticello che attraversa il Frodolfo si raggiunge la località Campécc', dove si trova il piccolo Ristoro Stella Alpina, e da qui in breve, su strada asfaltata, il Rifugio Forni (ore 3-4, E);
Bivacco Btg. Skiatori M. Ortler. Si superano i ruderi dei vecchio Rifugio Gavia. Entrati nel vallone del Dosegù, si continua in direzione est per evidenti tracce fino a raggiungere il ghiacciaio del Dosegù. Lasciata la pista, che continua sulla via normale al M. San Matteo, si piega a destra in direzione della Vedretta dì Vallumbrina. Si prosegue presso il bordo orientale dei ghiacciaietto e, su erto sentiero, si raggiunge il Bivacco (ore 2-2.30, F);
Bivacco CAI Seveso. Dal vecchio Rifugio Gavia, si punta verso N-E in direzione del vallone del Dosegù. Attraversato il Ponte dell'Amicizia, si risalgono le morene, fino a raggiungere un'ampia conca glaciale. Alla sua testata, si sbuca sulla sovrastante vedretta che scende dalla vetta del Treséro. Attraversatala alla sua sinistra si guadagna la cresta SO del Treséro lungo la quale si raggiunge il Bivacco (ore 3-3.30, PD) |
Sci alpinismo |
M. San Matteo (m 3678). Ci si porta in direzione del vecchio Rifugio Gavia (m 2541) mantenendosi il più in quota possibile sulla sponda destra idrografica della valle del Gavia stessa in direzione degli arrotondati dossi settentrionali della Punta della Sforzellina, sovrastanti il cosidetto Plàn Bormín, ed entrando così nella Valle Dosegù circa alla quota di 2360 metri s.l.m.. Si percorre questa valle, perdendo un poco di dislivello, in direzione est verso la sua testata. Non sempre agevolmente, si oltrepassa l'impetuoso torrente alimentato dai circhi glaciali situati nell'arco di cresta che va dalla Punta della Sforzellina al Pizzo Treséro e, spesso su cono di valanga, si punta verso il ripido pendìo sottostante il ramo più avanzato della Vedretta di Dosegù. Risalitolo, sempre puntando in direzione N-E verso la cima del S. Matteo, ci si trova la via attraverso il ghiacciaio, dapprima superando alcune vallette poi contornando delle seraccate, generalmente tenendosi piuttosto a destra verso la costiera rocciosa che dal Pizzo di Vallumbrina si ricongiunge allo stesso San Matteo. Raggiunti i pianori superiori della Vedretta di Dosegù, ed attraversatili, un ultimo pendio abbastanza ripido conduce in leggera traversata ad una larga sella (m 3550). Abbandonati gli sci, si risale lungo la bella cresta nord-ovest, che presenta pendenze massime di 45°, e sui cui tratti iniziali bisogna porre attenzione alle grosse cornici di neve che incombono verso nord. Un ultimo ripido, ma breve, versante ghiacciato conduce in vetta. Il ritorno avviene lungo la stessa via di salita, oppure lungo la via di salita dal Rifugio Branca (ore 3-4, BSA) |